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Valerio Curcio presenta il calcio pasoliniano

Nella vita di Pier Paolo Pasolini il calcio ha avuto un ruolo particolare. Il calcio giocato, visto, commentato. Vissuto. Valerio Curcio lo racconta nel suo libro. 

Valerio Curcio, romano, classe 1992, laureato in Lettere Moderne e specializzato in Giornalismo e Comunicazione digitale, per passione e lavoro rivolge una grande attenzione al calcio nelle sue dinamiche sociali, culturali e politiche, prestando particolare attenzione a storie vissute non sempre sul rettangolo da gioco.

In questo libro, l'autore si sofferma ad analizzare la figura di Pier Paolo Pasolini, che per certi versi può essere considerato un figlio adottivo di Roma, visto che ha trascorso proprio lì una parte significativa della propria vita. La lente della ricerca di Curcio, in particolare, indugia su un aspetto specifico della vita di Pasolini, uno dei personaggi più controversi e discussi del panorama culturale novecentesco italiano: il calcio.

Pier Paolo è stato una delle menti più geniali e fulgide del periodo successivo alla Seconda guerra mondiale: scrittore di testi, poesie e canzoni, attore, cronista, regista. Un intellettuale a tutti gli effetti. Tuttavia, la sua vita è stata caratterizzata da una certa malinconia, da un senso di perenne inquietudine, da un modo di pensare doloroso. Luci e ombre hanno caratterizzato la vita dell'intellettuale italiano. C'era però un momento in cui ogni ansia, pensiero e turbamento sembravano svanire in Pasolini: quando giocava a calcio, sia che fosse una "partitella" – come lui era solito chiamarla – con i ragazzi del borgo romano, sia che fosse una partita di beneficenza, sia che fosse una partita disputata con il Casarsa o con la Sangiovannese, squadre friulane con cui l'intellettuale italiano, pur sempre a livello dilettantistico, ha toccato il suo massimo livello calcistico. Il calcio, per certi versi, era una sorta di panacea temporanea per tutti i mali per Pasolini.

Valerio Curcio, dopo un'interessante prefazione di Antonio Padellaro e un'introduzione, ha deciso di strutturare il corpo della propria opera in cinque capitoli, tutti orbitanti intorno a un unico tema: il rapporto tra Pasolini e il calcio.

Nel primo capitolo, l'autore descrive il Pasolini tifoso, soffermandosi sul primo amore di Pier Paolo, viscerale e incorruttibile, ossia il Bologna, ma anche sulla sua simpatia per la Roma, sbocciata in lui a causa del lungo soggiorno nella capitale italiana. Interessanti poi i paragrafi dedicati agli idoli calcistici di Pasolini e alla curiosa intervista da lui condotta a una rappresentanza di giocatori del Bologna.

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#6 Pier Paolo Pasolini e il linguaggio del calcio - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Il 2 novembre 1975 il corpo di Pier Paolo Pasolini veniva trovato, privo di vita, sulla spiaggia di Ostia. Tra i più grandi intellettuali della storia d'Italia, poeta e scrittore, regista e giornalista, fu anche un grandissimo appassionato di calcio. Tifoso del Bologna, fantasiosa ala destra, per lui questo sport era "l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro".
Pasolini in azione, palla al piede. Fonte foto: Il Fatto Quotidiano

Nel secondo capitolo, Curcio ci presenta il Pasolini calciatore, e quindi le sue esperienze nel calcio dilettantistico, la sua idea utopistica di realizzare una società di calcio "artistico-sportiva", le sue partite con la Nazionale italiana "Attori e Cantanti", l'iconica sfida tra la troupe del film Novecento di Bernardo Bertolucci e quella di Centoventi guidata proprio da Pier Paolo Pasolini, le "partitelle" svolte costantemente dall'intellettuale italiano in ogni dove e con chiunque.

Nel terzo capitolo, lo scrittore passa a presentarci il Pasolini narratore, e quindi il ruolo che il calcio ha rivestito nelle sue opere scritte. In particolare, Curcio cerca di mettere in evidenza una delle prime analisi critiche mosse da Pier Paolo al calcio, ovvero il paragone tra il calcio incontaminato giocato dai ragazzi per le strade e quello, invece, contaminato dall'ingresso delle lobby affaristiche.

Si potrebbe quindi dire che Pasolini sia stato tra i primi a intuire il possibile sviluppo che il mondo del calcio avrebbe seguito nei decenni successivi.

Nel quarto capitolo, Curcio analizza il Pasolini cronista. Pier Paolo Pasolini ebbe modo di commentare un Roma-Lazio, finito 3-0 per i giallorossi, nel 1957 per le pagine del quotidiano comunista «l'Unità», e poi realizzò quattro contributi per «Vie Nuove» – rivista legata al Partito Comunista – in merito alle Olimpiadi romane del 1960. Pier Paolo, però, lo fece a modo suo, divergendo dai canoni usuali. Egli, infatti, non si concentrò tanto sulla mera cronaca degli eventi sportivi, bensì sul modo di viverli da parte delle persone accorse allo stadio. Era proprio il popolo ciò che interessava a Pier Paolo, e in particolare quello che abitava le borgate. Per l'intellettuale italiano, infatti, per esempio nel caso di Roma, per capire veramente cosa fosse la romanità e come vivesse il popolo bisognava aggirarsi per i borghi periferici della città.

Nel quinto e ultimo capitolo, lo scrittore parla del Pasolini intellettuale, ponendo particolare attenzione ad alcuni concetti espressi dall'intellettuale italiano in relazione al calcio, ossia quelli di: «oppio dei popoli», di linguistica e di rito sacro.

Nell'ultima parte del libro, Valerio Curcio dedica un po' di spazio a due capitoli interessanti.

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Pasolini e Bertolucci, dal set cinematografico al campo da calcio - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Parma, 1975. Da una parte c'è Pier Paolo Pasolini, dall'altra Bernardo Bertolucci. Due registi uniti dal cinema, ovviamente, dall'amicizia e infine anche dal calcio. 

Il primo riguarda due famose interviste rilasciate da Pier Paolo Pasolini: la prima è quella da lui concessa a Guido Gerosa, uscita il 31 dicembre 1970 sulla rivista «L'Europeo»; la seconda è quella che lui rilasciò a Claudio Sabattini e pubblicata sul «Guerin Sportivo» il 5 novembre 1975, ovvero tre giorni dopo la morte di Pier Paolo Pasolini.

L'ultimo capitolo riguarda invece un breve dialogo tra Valerio Curcio e Dacia Maraini, amica stretta di Pasolini, sul tema del rapporto di Pier Paolo Pasolini con il calcio. Da questa conversazione spicca una considerazione di Dacia sul suo amico, che cito per esteso come modo per concludere la presentazione di questo libro:

«Secondo me Pier Paolo andava avanti con la testa rivolta indietro. Inseguiva un sé stesso bambino che scappava. Quando giocava, quel bambino prendeva corpo assieme al pallone; quando finiva di giocare, tornava l'adulto inquieto e doloroso che era diventato».

Titolo: Il calcio secondo Pasolini
Autore: Valerio Curcio
Casa editrice: Compagnia editoriale Aliberti
1^ edizione: 2018
N° di pagine: 144

Marco Fontanelli

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