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Appuntamento a Malagrotta

Erasmo Dell'Angelo, ex campione olimpico e appassionato di auto, affronta una vendetta estrema contro dei volatili invasivi, culminando in una sfida surreale con il suo vecchio rivale. L'ultimo racconto estivo di Giulio Giusti.

Quella mattina era il turno della più giovane delle sorelline. Erasmo Dell'Angelo chiamava così le sue quattro BMW. Loro erano le sorelline e lui il padre, visto che non aveva più una famiglia e viveva solo da molti anni, da quando erano morti i suoi genitori.

Erasmo aveva due passioni: il tiro con la carabina e le macchine. Con la prima si era tolto enormi soddisfazioni, avendo vinto titoli mondiali ed europei a ripetizione ma soprattutto tre ori olimpici nella carabina libera a 50 metri in tre diverse manifestazioni dei giochi. Ori che avrebbero potuto essere quattro se alla sua quarta olimpiade non avesse perso lo spareggio per la vittoria con il suo storico rivale, il coreano Kim Min-Jun. Una sconfitta che Erasmo non aveva mai digerito, primo perché il quarto oro l'avrebbe reso ancor più immortale nella storia dello sport, secondo perché, quella gara, per lui, era stata falsata dal coreano. Quella sconfitta, inoltre, aveva decretato la fine della sua imbattibilità. Erasmo, infatti, da quando aveva iniziato a gareggiare a livello internazionale, aveva sempre vinto in tutte le competizioni dove si era cimentato. Quella sconfitta lo gettò nello sconforto più totale. Smise infatti di gareggiare e cadde, per un lungo periodo, in uno stato di depressione. L'unica cosa che lo risvegliava era la passione per le auto e il poter discutere di armi con altri esperti della materia.

Anche con le macchine si era tolto diversi sfizi. Tutti i soldi delle vittorie olimpiche li aveva spesi in auto di lusso o sportive. Dopo ogni vittoria olimpica si era regalato una BMW e anche dopo la sconfitta contro il coreano aveva utilizzato il premio in denaro ricevuto dal CONI per acquistarne un'altra: una M3 coupé cabriolet, colore blu Estoril, super accessoriata con i sedili in pelle Nevada color beige Boston. Le auto erano tutte ben custodite in un ampio garage adiacente all'abitazione di Erasmo in zona Pantan Monastero nella periferia ovest di Roma. L'ex campione, dopo la morte dei genitori, viveva da solo in quell'appartamento e trattava le quattro BMW come figlie. Non si era mai sposato per la sua timidezza. Per lui esistevano solo le auto, la carabina e il tiro sportivo. La sua abilità, oltre agli allori olimpici, ne aveva favorito l'ingresso nel Centro Sportivo dell'Esercito. Nella Forza Armata, una volta abbandonata l'attività agonistica, venne poi utilizzato come tiratore scelto e inviato in varie missioni in giro per il mondo. Avendo raggiunto da poco i sessant'anni, era andato in pensione e le sue giornate scorrevano abbastanza noiose.

Uno dei pochi svaghi che si concedeva era la cura maniacale per le sue auto, che comprendeva accurati lavaggi periodici. A turno portava le sue BMW da Remo, uno dei migliori autolavaggi nella Capitale.

"Da Remo – Niente spazzole, solo lavaggio a mano e amore per la tua macchina". Recitava così il cartellone pubblicitario dell'autolavaggio dove Erasmo era ormai cliente fisso da molti anni. Non era un habitué normale, in passato, forte della sua popolarità dopo i trionfi olimpici, aveva anche pubblicizzato l'attività: "Da Remo la tua macchina luccicherà come l'oro delle medaglie dei campioni".

Quella mattina, come detto, era il turno della più piccola delle sorelline: la BMW M3 cabriolet, colore blu Estoril, acquistata con il premio che il CONI gli aveva assegnato al termine della rassegna a cinque cerchi. Era la maledetta gara dove conquistò la medaglia d'argento alle spalle di Kim Min-Jun. Dopo quella delusione si ritirò e dedicò la sua vita solo all'Esercito. Erano passati vent'anni esatti dal suo acquisito, così anche quel gioiellino di macchina era diventato un pezzo da collezione, insieme alle altre sorelle ancor più datate. Le vetture erano tenute talmente bene che molti collezionisti avevano presentato offerte interessanti per acquistarle. Ma Erasmo non le avrebbe vendute per nulla al mondo. Quelle auto erano, insieme alle medaglie olimpiche, il ricordo dello splendore dei tempi passati. Il riscatto di una vita, a eccezione delle vittorie sportive, vissuta sempre nell'ombra e incatenata alla famiglia e schiava della timidezza.

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Quando anche il calcio si innamorò di Julio Velasco - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Ci sono amori che durano per sempre e altri che resistono il tempo di un'estate. Amori da sogno, da favola, amori di una vita e poi amori di un attimo, di un secondo, al massimo di una stagione. Quello del calcio per Julio Velasco, ad esempio, è uno di questi. Più di un campionato, ma sempre con la valigia pronta. Non poteva che essere così per uno che in carriera ha girato il mondo: Argentina, Italia, Repubblica Ceca, Spagna, Iran. Non poteva che essere così per uno troppo diverso da tutti gli altri, fuori dagli schemi, quelli della pallavolo ma anche del calcio.

Ormai la pulitura della sua cabriolet era quasi terminata e la macchina era lì tutta luccicante nel piazzale dell'autolavaggio con la cappotta aperta per facilitare l'asciugatura dei sedili in pelle trattati da Remo con un prodotto particolarissimo. Erasmo la guardava estasiato. L'auto era ancora bellissima nel suo blu Estoril (le BMW devono essere blu o rosse sosteneva Erasmo da vero intenditore) e la carrozzeria era immacolata. Gli interni erano ancora più belli perché il pellame negli anni aveva acquistato un aspetto più vissuto.

Remo che conosceva bene i suoi clienti e sapeva come prenderli per il culo, vedendolo guardare rapito la macchina, gli disse:

«Erasmo, le macchine sono come le belle donne: arrivate a una certa età sono ancora più belle!»

«Hai proprio ragione. Ho rifiutato fior di quattrini da più di un collezionista ma non la venderò mai».

Mentre Erasmo guardava ipnotizzato la macchina venne distratto da uno strano garrito di uccelli. Gettò subito lo sguardo al cielo e vide dei volatili stranissimi, simili ai gabbiani ma molto più grossi. Il titolare dell'autolavaggio, come se gli avesse letto nel pensiero, disse: "Ormai, non si capisce più un cazzo, mi sa che hanno ragione gli ambientalisti. Il cambiamento climatico sta sconvolgendo il mondo».

«Che vuoi dire?»

«Voglio dire che questi uccelli vengono dal nord Africa e dall'Asia. Migrano per il troppo caldo. Si chiamano Mugnaiacci, sono i gabbiani più grossi in natura. Mangiano tutto quello che trovano nei rifiuti e digeriscono tutto senza problemi, abituati come sono alle raccolte di rifiuti prive di controlli che ci sono in Asia. Qui il loro ristorante preferito è la discarica di Malagrotta. Magnano come lupi e sapessi che cacate fanno? A me, in fondo, non stanno antipatici perché in molti mi portano la loro macchina dopo che è stata colpita dalle feci di questi uccelli.

«A me gli ambientalisti stanno sulle palle perché dicono solo stronzate», rispose Erasmo aggiungendo una grassa risata.

«Lo so come la pensi» rispose Remo «ma guarda che ti sbagli, Il clima è un problema serio».

Dopo l'ultima affermazione, Erasmo continuò a ridere e più rideva più si avvicinavano i mugnaiacci che a un certo punto, come una squadriglia aerea, fecero partire una mitragliata di cacca su di lui e sulla sua BMW. Una valanga di feci che coprì il cofano della sua splendida auto e non solo. Avendo la macchina la cappotta aperta lo sterco dei volatili colpì pesantemente anche gli eleganti sedili in pelle beige Boston.

«Maledetti, maledetti, dall'Asia venite? Sarete amici di quel bastardo di Kim Min-Jun». Mentre urlava un altro gruppo di mugnaiacci fece partire altre bombe che colpirono Erasmo in testa e sulla camicia e lasciarono altri ricordi sull'auto.

Erasmo, incurante dell'enorme quantità di sterco che gli colava dalla testa, ordinò a Remo di rilavargli subito la macchina per evitare che l'acidità delle feci non facesse danni sull'autovettura. Fu tutto inutile. Chissà cosa si erano trangugiati nelle ore precedenti i mugnaiacci a Malagrotta? Durante il lavaggio, il getto d'acqua e il sapone oltre allo sterco tirarono via buona parte della colorazione della carrozzeria. Drammatica fu soprattutto la pulizia degli interni dove gli escrementi dei volatili avevano creato dei buchi profondissimi sul bellissimo e delicato pellame.

«Mi dispiace – disse Erasmo - è impossibile fare meglio. A occhio e croce ti costerà una fortuna rimetterla in sesto. Se vuoi ti consiglio un bravo tappezziere per sistemare anche gli interni, ma scordati la qualità del pellame originale».

"Scordati la qualità del pellame originale" queste sei parole si conficcarono nella testa di Erasmo come i proiettili di Kim Min-Jun nel bersaglio dello spareggio olimpico che gli fecero sfumare la vittoria. L'ex campione era fermo e immobile nel piazzale dell'autolavaggio, incurante delle feci dei mugnaiacci che gli colavano dalla testa ai piedi. Erasmo provava solo odio e dentro di sé un'irrefrenabile voglia di vendetta verso quegli odiosi volatili. Il suo obiettivo era solo quello di trasformare i mugnaiacci da una specie animale in una in via di estinzione. Non gli fregava nulla delle polemiche che ne sarebbero scaturite e degli animalisti, avrebbe sparato pure a loro. Avrebbe sparato a chiunque si sarebbe frapposto tra sé e la sua vendetta.

Tornò a casa. Non provò neppure a lavare i vestiti. Gettò tutto nella spazzatura. Fece la doccia per tergersi dalle feci che avevano intriso i suoi capelli. Era passato troppo tempo e l'acidità degli escrementi aveva corroso parte del cuoio capelluto. Gli vennero via ciocche intere di capelli, lasciandolo calvo in più punti. Decise così di radersi quasi a zero, lasciandosi solo una cresta centrale. Un taglio alla mohicana che lo faceva assomigliare a Travis Bickle, il protagonista di Taxi Driver interpretato da Robert De Niro. Erasmo era un appassionato di cinema e Taxi Driver era uno dei suoi film preferiti.

Nella notte insonne elaborò il suo piano: sarebbe andato a Malagrotta e avrebbe sterminato quei maledetti uccelli. Tirò fuori dalla sua armeria i fucili più precisi e un abbondante carico di munizioni, aggiungendo dei fumogeni, delle granate e una pistola spara lacrimogeni.Prima che sorgesse il sole caricò tutto in un'altra delle sorelle: una BMW 320 rosso Melbourne cabrio con la cappotta nera. Insieme ad armi e munizioni si portò, da buon militare, un'adeguata scorta di cibo e acqua prevedendo tempi lunghi per la la battaglia.

Si diresse verso Malagrotta, poco distante da casa sua, dove avrebbe atteso l'alba e i mugnaiacci. Arrivato alla discarica studiò attentamente la situazione e notò i suoi nemici raggruppati in massa su un enorme montagna di rifiuti scaricati poco prima. Lui si posizionò su una collinetta composta prevalentemente da vecchi pneumatici e iniziò la sua vendetta. Dopo un quarto d'ora aveva già sterminato una cinquantina di mugnaiacci. Gli spari attirarono inevitabilmente l'attenzione dei guardiani del sito che provarono ad avvicinarsi ma lui, ormai in preda alla follia, li fece allontanare sparandoli contro dei gas lacrimogeni. Continuò la sua strage di mugnaiacci ma nel frattempo arrivarono subito le Forze dell'Ordine, ma lui non si arrendeva. Era pronto a tutto, anche a morire, e allontanava chiunque si avvicinasse lanciando delle granate.

La zona era ormai completamente presidiata. Arrivarono il Sindaco di Roma, le troupe delle televisioni e vari gruppi di animalisti che Erasmo allontanò lanciando contro lacrimogeni e granate. Era solo contro tutti. Sopra di lui volava pure un elicottero degli incursori dell'Esercito. Provarono in tanti a convincerlo ad arrendersi: il sindaco e il questore di Roma, un cardinale, il presidente del CONI. Alla fine, arrivò il colonnello Tommaso Tramacere col quale Erasmo aveva fatto svariate missioni all'estero. L'alto ufficiale era l'unico in grado di esercitare una forte influenza su di lui. Quando il colonnello parlò al megafono per farlo rinsavire, Erasmo si commosse. Gli sembrava di interpretare Rambo1, lui era Silvester Stallone e Tramacere il colonnello Trautman che cercava di far arrendere Rambo.

«BMW (era il nome in codice da militare di Erasmo)… BMW – disse Tramacere - ora vengo e ti porto via, saremo solo noi due».

«Signore, non posso – rispose in lacrime Erasmo – non ho iniziato io. Hanno sparato per primi loro, quei fottutissimi uccelli».

«Arrenditi, nessuno ti farà niente». Implorò il colonnello.

«Signore, può fare solo una cosa per me».

«Cosa?»

«Porti qui Kim Min-Jun. Voglio la rivincita. Non lascerò mai da perdente».

La richiesta lasciò tutti basiti ma la notizia fece il giro del mondo e arrivò anche a Seul dove viveva il campione olimpico coreano. Kim Min-Jun accettò la proposta e lanciò un reel su Instagram, dove lui diceva in perfetto italiano: "vi dò appuntamento a Malagrotta".

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Dalle Olimpiadi ai campetti, cresce il divario tra nord e sud - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

La distanza tra nord e sud è sempre più forte anche dal punto di vista sportivo. Lo dicono i numeri sugli impianti, sulle strutture ma anche sulla sanità e sulla scuola.

La sfida si sarebbe tenuta dentro la discarica, dove le Forze dell'Ordine ebbero l'ordine di non intervenire, continuando, però, a presidiare la zona. L'evento ebbe un richiamo mondiale e nel frattempo iniziarono a convergere sulla Capitale frotte di animalisti e ambientalisti per protestare i primi contro Erasmo, i secondi contro la discarica. La situazione era esplosiva. Quando arrivò Kim Min-Jun, Erasmo era barricato nella torretta degli pneumatici da quasi tre giorni. Su di lui erano puntati i fucili delle forze speciali, mentre altri militari presidiavano l'esterno contro i gruppi ambientalisti che stavano sopraggiungendo. Al contempo, la situazione era diventato un piatto ricco e veicolo di pubblicità gratuita per una casa automobilistica come la BMW. Dalla Corea del Sud grossi gruppi come Samsung, Hyundai e LG si offrirono per sponsorizzare la sfida tra il loro connazionale ed Erasmo Dell'Angelo.

Nelle televisioni poi non si parlava d'altro e veniva dato spazio sia a esperti di ornitologia, che spiegavano al pubblico le caratteristiche del mugnaiaccio, che a psicologi che descrivevano il complesso profilo di Erasmo. Il noto avvocato penalista Agostino Del Mazzo, intuendo la portata mediatica dell'evento, si era offerto di difendere gratis l'ex campione, convinto di farlo uscire senza conseguenze pesanti da questa storia.

La sfida sarebbe stata trasmessa in mondovisione sulle principali televisioni del pianeta.

Kim Min-Jun, al suo arrivo, si trovò davanti una situazione surreale. Fuori dalla discarica bivaccavano, divisi da un cordone di Polizia, i manifestanti ambientalisti e i sostenitori di Erasmo, che, nel frattempo, era diventato un personaggio popolarissimo. Come nelle grandi competizioni internazionali, poi, troneggiavano i tir delle grandi reti televisive. Al campione coreano sembrò di essere tornato indietro a quando sfidava Erasmo alle Olimpiadi.

Quando entrò dentro la discarica sentì crescergli dentro una tensione strana, diversa da quella che provava in gara. Fu scortato e accompagnato della Polizia fino alla torretta dove si era rintanato Erasmo. Una volta giunto sul posto, lanciò un saluto al rivale:

«Erasmo, eccomi».

«Ciao Kim, ti aspettavo. Arrampicati sulla torretta di gomme, in cima troverai me. Sali disarmato, non fare scherzi. Ti darò io un fucile. Spareremo a dei bersagli da quassù».

Nelle ore precedenti, Erasmo aveva concordato col colonnello Tramacere come si sarebbe svolta la sfida: sarebbero stati posti dei bersagli a 50 metri dalla torretta. I due sfidanti avrebbero sparato dieci colpi a testa. E se ciò non fosse stato sufficiente per decretare un vincitore, avrebbero sparato altre serie di dieci colpi a oltranza.

Salito in cima alla torretta, Kim tese la mano al vecchio rivale. Erasmo gli sorrise, la strinse forte, molte forte e poi con una torsione trascinò verso di sé il coreano e insieme scivolarono in un cunicolo che l'ex campione aveva preparato nei giorni precedenti. Arrivati in fondo, Kim si ritrovò con alle spalle Erasmo che gli puntava un'arma alla testa. Davanti a loro la BMW 320 rosso Melbourne. Erasmo obbligò il vecchio rivale a salire a bordo della macchina e poi partì a forte velocità, lasciando alle sue spalle una scia di fumogeni e nell'incredulità la moltitudine di personale speciale presente per controllarlo. Da lì imboccò una rampa costituita da monnezza pressata che usò come trampolino per planare all'esterno in un'area non controllata dalla Polizia. Una volta fuori, Erasmo ripartì a tutta birra e a Kim che gli chiese «ora dove mi porti?» rispose «Non so».

di Giulio Giusti

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