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Zdenek Zeman, l'eterno ritorno

Odiato ma allo stesso tempo amatissimo, polemico e geniale, schietto e silenzioso. Zdenek Zeman è il simbolo di un calcio diverso, alternativo, contro le regole. Come quella che dice di non tornare due volte sulla stessa piazza. 

Come il più classico dei gialli, Zdenek Zeman torna sembra sul luogo del delitto. Spesso, infatti, le sue vecchie squadre lo richiamano. Italo Allodi, forse il più grande manager della storia del calcio italiano e padre del Centro Tecnico di Coverciano, consigliava agli allenatori di non tornare mai nelle piazze dove avevano fatto bene. Primo perché le minestre riscaldate non vanno mai bene, secondo perché si rischia di sciupare il bel ricordo di quanto fatto in precedenza. Un po' come i ritorni di fiamma nelle grandi storie d'amore che vanno bene nei romanzi rosa ma hanno poco successo nella realtà. Ma Zeman, a cui Allodi non sarebbe piaciuto e che dallo stesso Allodi non sarebbe mai stato scelto per guidare i suoi club, probabilmente non ama la letteratura rosa, ma, soprattutto, non dice mai di no alle piazze dove ha già lavorato. E' stato così a Foggia, dove ha allenato in quattro periodi differenti e dove è nato il mito di "zemanlandia", a Roma (sponda giallorossa) e Lecce, in entrambi i casi in due occasioni, e a Pescara. Nella città adriatica è tornato, da pochi giorni, per la terza volta per risollevare la squadra. Acclamato da alcuni, criticato da altri (Zeman divide sempre) anche perché in tema di allenatori il tifo pescarese è monoteista e l'unico Dio venerato si chiama Giovanni Galeone.

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Gustavo Giagnoni, l'uomo col colbacco - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Il colbacco in testa e la sigaretta in bocca, la storia di Gustavo Giagnoni, dalla Sardegna a Mantova, passando per Roma, Milan e Torino.

Il delfino, come viene chiamata la squadra abruzzese dai suoi tifosi, è spiaggiato nel girone meridionale della serie C dove il Catanzaro ha già messo tutti d'accordo su chi vincerà il campionato. C'è ancora la speranza di raggiungere la promozione grazie ai playoff e Zeman è stato chiamato per vincerli, forte del ricordo dello splendido Pescara che nel 2012 tornò in A con un mix perfetto di vecchi marpioni e di tre ragazzini che avrebbero fatta molta strada: Verratti, Immobile e Insigne. Una squadra a trazione anteriore che stravinse il campionato cadetto con 90 gol all'attivo. Quella vittoria spalancò le porte al più clamoroso dei "ritorni" di Zeman, quello nella Roma nel campionato 2012/13. Doveva essere un trionfo, col secondo anno di presidenza Pallotta che prometteva importanti investimenti. Se n'era appena andato dalla Capitale Luis Enrique (ancora ci domandiamo se è lui a non aver capito il calcio italiano o viceversa) e il ritorno di Zeman veniva accolto con grandi speranze e la benedizione di Totti che non ha mai nascosto il suo feeling con l'allenatore. La società, però, non spalleggiò Zeman che si trovò così a gestire uno spogliatoio irrequieto e, all'inizio del girone di ritorno, fu costretto a lasciare la panchina ad Aurelio Andreazzoli. La seconda esperienza in giallorosso fallì così per molti motivi, non tutti per colpa del tecnico boemo.

Ma come mai Zeman è così tanto richiesto nelle piazze dove ha già lavorato? La domanda si presta a molteplici risposte. Innanzitutto, chiamare il boemo ha uno scopo terapeutico perché serve a calmare la tifoseria ed ha anche una funzione detox. Zeman è una garanzia in quanto rappresenta l'esatto contrario di quello che è diventato il calcio attuale. Se uno è stanco degli eccessivi tatticismi durante le partite e del fiume di luoghi comuni proferiti alla fine delle stesse con Zeman avrà tutto il contrario e potrà disintossicarsi.

Ma per meglio spiegare cosa sia Zeman e in cosa consista la sua differenza con gli "altri", voglio proporvi, su segnalazione di Marco Pastonesi storica firma della "Gazzetta dello Sport", un bellissimo articolo uscito sulla Rosea il 16 giugno del 2004 a firma del compianto Sandro Cepparulo.

Zdenek Zeman, qualche anno fa. Fonte foto: Esquire

 Tutto quello che amo di Zdenek di Sandro Cepparulo

Io sono da sempre della «contraria» e perciò amo Zeman. Lo amo perché ha una faccia affilata che non sai mai se vuol piangere o sorridere, perché possiede la silenziosa cultura della sconfitta in un mondo che vorrebbe sempre e solo vincere, perché attraversa a testa china il prato verde in giacca grigia e mocassini marroni mentre la curva è in tumulto, perché sa vincere e sa perdere alla stessa maniera quando, nei minuti di recupero, il risultato sembra già scritto sul giornale. Perché lavora come e più di un turnista della Breda negli anni Sessanta, perché guadagna un quinto di quelli che sanno fare un quinto di quanto sa fare lui.

Amo Zeman perché perde per una vigliaccata senza lamentarsi, perché va in serie C giocando come se dovesse vincere il campionato all'ultimo turno, perché negli spogliatoi, durante l'intervallo, non insulta nessuno e non bestemmia neppure quando perde di 4, perché non è mai finita finché non è finita.
Amo Zeman perché gioca sempre all'attacco anche quando gli altri non ne vogliono sapere, perché usa ancora il libero ma è il portiere, perché parla poco e sa arrossire, perché dicono che è tornato di moda ma invece ce l'avevano solo nascosto, perché per lui è più facile vincere in 9 che in 11, perché si alza dalla panchina solo 5 volte in una partita e sposta due uomini alla volta, perché non litiga con il quarto uomo.

Amo Zeman perché tutte le curve degli stadi d'Italia lo rispettano, perché allena le squadre del Sud, perché non gioca la Champions League, perché non andrà mai alla Juventus e neanche al Milan o all'Inter, perché Gautieri, che di allenatori se ne intende, lo rincorre per mezzo campo per regalargli la maglia numero 10, perché è l'uomo fatto schema ma al di fuori di ogni schema, perché ogni volta sa rimettersi in gioco, perché vorrei parlare con lui di sport vero.
Amo Zeman perché se ci scommetti sopra tre euro non passi mai alla cassa, ma quella volta che lo fai sembri un signore. Amo Zeman perché fuma, fuma quanto gli pare.
Io sono da sempre della « contraria » e perciò amo Zeman.

Auguri, Picchio De Sisti
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