La soluzione Gattuso per la panchina della nazionale è solo un modo per non fare vedere responsabilità e capacità di Gravina e federazione.
Rino Gattuso è il nuovo allenatore della Nazionale. La notizia era nell'aria da alcuni giorni ed è l'epilogo tragicomico, con tutto il rispetto per Ringhio, partorito dal gorgo in cui si è infilato il calcio italiano, gestito dal presidente federale Gravina, il primo che doveva dimettersi. Nulla di personale, ma davanti a risultati così deludenti un suo passo indietro era un atto dovuto. Invece no, Gravina va avanti per la sua strada e dopo aver incassato il gentile rifiuto di Ranieri, un uomo serio che ha una parola sola, ha ascoltato, da quello che si legge in giro, il consiglio di Gigi Buffon. Il capo delegazione della Nazionale ha indicato in Gattuso l'uomo giusto per dedizione alla causa e amore della maglia.
«La maglia azzurra è la sua seconda pelle!» ha esclamato Gravina nell'annunciare trionfante l'arrivo di Rino. Il richiamo alla Patria, alla maglia e ai più alti valori morali è forse l'unica e ultima strada che può seguire Gravina per salvare la baracca e sperare che l'Italia non fallisca per la terza volta di fila l'accesso ai Mondiali. Peccato che Gravina abbia ricorso al nazionalismo più patetico dopo aver incassato almeno un paio di no, oltre a quello menzionato poc'anzi di Ranieri, ci dovrebbe essere stato anche quello di Stefano Pioli, che non ha voluto tradire la promessa fatta alla Fiorentina. Inoltre, i nomi più appetibili e spendibili per rilanciare la Nazionale erano tutti già accasati: Conte è rimasto a Napoli, Allegri è tornato al Milan, Ancelotti ha firmato da poco col Brasile, Simone Inzaghi è in attesa dei primi bonifici dall'Arabia Saudita e Sarri si è accasato alla Lazio. Si era riproposto Mancini, pentito di aver tradito a suo tempo la Nazionale, ma la sua autocandidatura, oltre ad essere di cattivo gusto (ce ne perdoni Roberto sempre elegantissimo), era simile a un piatto di peperoni che, come è noto, hanno il difetto di riproporsi o rinfacciarsi detto più brutalmente.
Certo, potevano essere seguite altre strade. Un santone straniero ad esempio. Il sito Dagospia aveva buttato lì il nome di Mourinho. Lo special one sarebbe stata una grande idea, uno schiaffo al calcio nostrale. Ma spesso dalle provocazioni nascono le reazioni giuste. Forse, Gravina e i suoi consiglieri potevano avere una semplice idea. Dare fiducia a Carmine Nunziata, che ha fatto bene e continua a far bene con le varie under, un tecnico federale come si usava tanti anni fa. Oppure avere il coraggio di puntare su un giovane con esperienze all'estero: De Zerbi, Farioli e (perché no?) anche un meno giovane come Marco Rossi dall'Ungheria. O avere ancor più coraggio, come abbiamo invocato su questo sito, e chiamare Silvio Baldini per fare l'elettrochoc alla Nazionale. Bastava un'idea che segnalasse la voglia di cambiamento.
Gattuso, al quale, sia chiaro, auguriamo le migliori fortune, viene da annate molto negative, che non giustificano un suo passaggio sulla panchina della Nazionale. Il mestiere di allenatore, però, è ben diverso da quello di commissario tecnico. Quest'ultimo, scusate il luogo comune perché l'avrete sentito migliaia di volte, è un selezionatore. Deve avere la bravura di entrare nella testa dei suoi uomini. Questo Rino lo può fare, cercando di coinvolgere i ragazzi che faranno parte del progetto, escludendo, come ha detto giustamente Spalletti prima di andarsene, i "malati immaginari". Ma quest'ultimi possono permettersi di essere tali per la forza che esercitano le loro società sulla Federazione. Avrà la forza di opporsi Gattuso? Per questo la personalità dirompente di un Mourinho avrebbe avuto il suo effetto.
Il problema principale è che oltre a mancare i talenti (ricordiamoci che abbiamo fallito due qualificazioni mondiali e nelle due competizioni precedenti non siamo mai arrivati agli scontri diretti) della Nazionale non gliene frega più niente a nessuno. Un tempo eravamo un popolo di commissari tecnici, ora facciamo fatica a trovarli pure tra gli addetti ai lavori.
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