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Intervista a Giancarlo Antognoni: "Spalletti l'uomo giusto per l'Italia. Fiorentina? Non mi è piaciuto il mercato"

"Ho avuto solo due maglie: quella azzurra e quella della Fiorentina". Parla così Giancarlo Antognoni, in questa intervista di Giulio Giusti per Il Catenaccio. Tra Arabia, Serie A e calciomercato. Di oggi e di ieri, quando Liedholm lo voleva alla Roma.  

Chi vi scrive era sugli spalti del Comunale di Firenze, che ancora non si chiamava Artemio Franchi, il 22 novembre del 1981, quando il cuore di Antognoni si fermò dopo uno scontro terrificante col portiere del Genoa Martina. Un'uscita folle, quella dell'estremo difensore dei liguri, che oggi sarebbe punita col cartellino rosso. Si capì subito che la situazione era gravissima e sullo stadio cadde un silenzio irreale. Giancarlo era tra la vita e la morte. Fu dapprima salvato con la respirazione bocca a bocca dal massaggiatore della Fiorentina "Pallino" Raveggi e poi, una volta giunto in ospedale, dalle mani del professor Pasquale Mennonna, un maestro della neurochirurgia. Dopo quell'episodio il legame tra Antognoni e il suo pubblico divenne ancora più forte. Giancarlo non solo aveva rinunciato ad andare in club più blasonati per rimanere a Firenze ma stava per donare la vita per la maglia viola per regalare alla città uno scudetto che non sarebbe poi arrivato. 

Per questo Antognoni non è semplicemente una bandiera per i tifosi fiorentini ma è e sarà sempre qualcosa di più: un figlio o un fratello a seconda dell'età, il capitano per sempre della squadra per cui tifi da bambino. Per questo intervistarlo, per chi come me è cresciuto avendolo come mito, non è facile, anche se Giancarlo è il campione più facile da intervistare. Perché? Perché è un galantuomo, è disponibile con tutti e ti mette sempre a tuo agio grazie alla sua bontà. Un pregio che purtroppo si è spesso ritorto contro di lui, perché molti di questa bontà se ne sono sempre approfittati. Soprattutto i dirigenti della sua amata Fiorentina che in tre epoche differenti l'hanno messo da parte.

Giancarlo Antognoni, qualcosa di più di una bandiera per Firenze e la Fiorentina.
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Ciao, Carletto Mazzone - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Per capire chi è stato Carlo Mazzone basterebbe chiedere a Pep Guardiola, oppure ad Andrea Pirlo, a Giancarlo Antognoni, a Roberto Baggio, a Francesco Totti. Basterebbe chiedere ai grandi, proprio come lui. 

Giancarlo, sono due i temi del momento: le dimissioni di Mancini e l'arrivo di Spalletti sulla panchina della Nazionale.

«Parto subito da Spalletti. La scelta di Luciano è giustissima. E' il sostituto ideale di Mancini».

E di Roberto Mancini che ha lasciato la Nazionale che mi dici?

«Non commento questa decisione, non m'intrometto mai nelle questioni private».

Sei rimasto fedele a una sola maglia e hai rinunciato a vittorie e maggiori guadagni pur di rimanere a Firenze, che ne pensi di questa fuga verso l'Arabia?

«Lo ripeto non m'intrometto nelle scelte private. Il calcio è cambiato e bisogna prenderne atto, ma ho paura che andrà sempre peggio».

Uno con la tua classe sarebbe stato richiestissimo anche oggi.

«Penso di aver dimostrato coi fatti che persona sono».

Rimpianti?

«Nessuno».

"Ho avuto solo due maglie - ci spiega Antognoni in questa intervista - quella azzurra dell'Italia e quella viola della Fiorentina"

Le vittime di questa situazione sono i tifosi?

«Il Dio denaro sta vincendo a loro discapito. Prima i super ingaggi dalla Cina, ora quelli dall'Arabia e poi la Premier League che ha possibilità smisurate rispetto al nostro campionato. Dei tifosi, purtroppo, non gliene importa più niente a nessuno. Soprattutto ai dirigenti delle società che davanti a una buona offerta non dicono mai di no. Tutti criticano gli arabi ma poi le società non vedono l'ora di ricevere una ricca offerta per un loro giocatore».

Lasciamo perdere i soldi. Ti piace questo calcio?

«Sinceramente no. Vedo tantissime partite e spesso mi annoio. Giocano un po' tutti allo stesso modo con questa costruzione dal basso. Non inventa più niente nessuno. Le partite sono molto noiose».

Del futuro della Nazionale che mi dici?

«Io ho avuto solo due maglie: la Fiorentina e quella azzurra della Nazionale che sento mia come quella viola. La situazione è critica. E' sotto gli occhi di tutti che c'è una crisi generazionale in alcuni ruoli chiave come gli attaccanti».

Spalletti risolleverà gli azzurri?

«La Nazionale non è una squadra di club, dove Spalletti aveva modo di portare avanti il suo lavoro quotidianamente, ma, nonostante questo, Luciano è molto bravo e mi sembra determinato. Diamogli tempo».

Giancarlo Antognoni, in nazionale. Fonte foto: FIGC

Come si possono risollevare le sorti della Nazionale?

«I giovani bravi ci sono (i recenti mondiali under 20 e l'europeo under 19 stanno lì a dimostrarlo), però devono giocare. Bisogna dar loro fiducia».

Come fecero con te: esordio in A nell'ottobre del 1972 a soli 18 anni?

«Sì, grazie a Liedholm che all'epoca allenava la Fiorentina».

Il Barone stravedeva per te.

«Provò anche a portarmi alla Roma ed era una Roma molto forte».

Non posso non chiederti della Fiorentina. Che ne pensi? Ti è piaciuto il mercato dei viola?

«Italiano è un bravo allenatore, ma il mercato, se devo essere sincero, non mi è piaciuto».

Il saluto di Scarface
 

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