Dopo la sconfitta del Franchi con la Fiorentina, il Milan prepara il ritorno degli ottavi di Champions League ripartendo dagli assenti: la fantasia di Leao, la duttilità di Krunic.
31 ottobre 2021. Si gioca Roma-Milan allo Stadio Olimpico: trascinato dal solito Ibra, il Milan domina il primo tempo in trasferta, con una formazione che vede Bennacer, Kessie e Krunic titolari, preferiti a Diaz e Tonali.
22 maggio 2022, di nuovo in trasferta: a Sassuolo il Milan si gioca il suo diciannovesimo scudetto. Perché cambiare la formazione che ha sempre vinto nel mese precedente? Impossibile togliere l'equilibratore Kessie e il rampante Tonali; impossibile, per Pioli, rinunciare a Krunic dietro Leao e Giroud.
Gennaio 2023, il momento peggiore del Milan. Il bosniaco rientrerà solamente nella sonora sconfitta rimediata col solito Sassuolo, per poi riprendere il suo posto da titolare nelle gare successive: Krunic viene adattato come mediano nel nuovo 3-4-2-1 di Pioli, fino alla squalifica che gli ha fatto saltare la trasferta di Firenze.
Ma allora le fortune del Milan dipendano da Krunic? Per non scatenare facili ironie, i protagonisti di questi anni sono stati Ibra, Maignan, Leao, Giroud: per vincere servono personalità e qualità; insomma, i famosi "piedi buoni". Tra il serio e il faceto, però, va detto che per far convivere i piedi buoni servono i polmoni. Serve l'equilibrio.
Tutte le grandi squadre hanno i loro equilibratori. Quei giocatori che hanno per lo più compiti difensivi: correre, coprire le posizioni di chi va avanti, "fare legna"; ogni tanto, attaccare gli spazi dell'aria di rigore. Soprattutto, i fedelissimi che un allenatore può permettersi di tenere in panchina, perché non diranno una parola e si faranno trovare pronti.
La storia italiana è piena di simili giocatori: facile scomodare i Gattuso e i Perrotta del Mondiale 2006; Cambiasso nell'Inter del triplete o Massimo Ambrosini, capitano dei rossoneri nel dopo-Maldini. Senza azzardarsi in eccessivi paragoni con campioni del mondo, naturalmente.
Rade Krunic non è Casemiro, Cambiasso o Ambrosini (nemmeno il Milan è quello di una volta); eppure Pioli ha trovato in lui il suo equilibratore. Arrivato come mezz'ala, spostato da trequartista, ma anche come esterno nel 4-2-3-1 e persino terzino destro: i numeri parlano di 28 presenze su 38 lo scorso anno, 16 quest'anno (avendone saltate 9 per infortunio o squalifica). E anche nelle 11 partite di Champions League disputate sino ad ora, non è sceso in campo solamente tre volte.
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È vero che i ricambi non sono sempre all'altezza dei titolari: basti pensare che, dopo la bocciatura di Vrancxx e Pobega, a Firenze è stato rispolverato persino Bakayoko, ai margini del progetto in questa sua seconda avventura rossonera. È vero che i trequartisti del Milan non hanno mai garantito un grande apporto in fase offensiva: se l'altalenante Brahim Diaz e il mistero De Keteleare avessero avuto i numeri di Leao (per non dire dei vari Origi, Rebic, Messias), certo non ci sarebbe stata necessità di adattare un centrocampista per esigenze difensive.
Eppure, se Pioli non rinuncia mai al suo "tuttocampista", significa che in lui ha trovato una dote rara, l'affidabilità. È ripartito da lui nel disegnare il nuovo modulo, perché garantisce una discreta regia e consente la libertà offensiva degli attaccanti e di Theo.
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Krunic nasce a Foča, in Bosnia-Ervegovina, a meno di 100km da Sarajevo; esordisce in Serbia, dove continua a giocare dopo il tesseramento al Verona. Acquistato dall'Empoli nel 2015, diventa punto fermo di Marco Giampaolo, Martuscello e Andreazzoli, allenatori che hanno sempre preferito il bel gioco al catenaccio: ed è proprio Giampaolo che, arrivato al Milan nell'estate del 2019, chiede alla nuova dirigenza milanista di scommettere circa 25 milioni su lui e Bennacer, titolari dell'Empoli appena retrocesso: una cifra importante per un 1996 e un 1997, che infatti cominceranno a ingranare (come tutta la squadra) solamente dopo il lockdown e con un Ibra in più.
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Oggi Bennacer è l'uomo in più delle geometrie del Milan, e il fatto di averlo appena rinnovato a cifre raddoppiate rispetto a prima rappresenta un baluardo contro gli interessi delle grandi europee. Il percorso del bosniaco è certo in tono minore, ma non meno rilevante; e la sua crescita, oltre che nei numeri, è testimoniata dalle parole del suo allenatore a inizio stagione: «ho ritrovato tre giocatori completamente maturati, Sandro, Leao e Krunic». Diverso lo status e diversa l'attenzione da parte del pubblico; non meno importante il ruolo all'interno del gruppo. Lo confermano i numeri, le prestazioni in crescita, la sua umiltà: come la nazione in cui è nato e per cui gioca, Rade ha imparato a ritagliarsi il suo spazio, sgomitando un po', alzando la testa, correndo più degli altri.
La sconfitta di sabato scorso con una eccellente Fiorentina ha molte cause, prime tra tutte l'assenza di Leao e le distrazioni della Champions; e non è da escludere che anche l'assenza del bosniaco contro i muscoli di Amrabat possa aver inciso, almeno nelle posizioni in campo e nei cambi.
Non a caso, l'impiego da titolare nel cielo di Londra è dato quasi per certo: se non da mediano, addirittura sulla trequarti se Diaz non fosse pronto. D'altronde, contro Antonio Conte servono polmoni, fisico, esperienza, per una battaglia che si preannuncia durissima. Dalla Champions League passa il giudizio sulla stagione del Milan, passato da un ottimo avvio di stagione a un gennaio da incubo: per salvare i conti, più che l'onore, conterà arrivare tra le prime quattro, dopo aver cercato di passare il turno con gli inglesi.
Ci sarà da lottare contro giocatori "dai piedi buoni", Kane su tutti. Ci sarà da sgomitare. Si parlerà tanto (e giustamente) di Maignan, Theo, Leao e Giroud. Eppure, in mezzo a loro, Pioli potrebbe ripartire dal suo equilibratore.
E vinca il migliore.
Andrea Sciretti
Foto in copertina: ACMilan.com
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