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Auguri, Picchio De Sisti

Picchio De Sisti ha compiuto 80 anni e noi celebriamo il Picchio ripercorrendo la sua carriera, composta da due grandi, unici amori: la Roma e la Fiorentina 

Giancarlo De Sisti ha compiuto 80 anni e leggendo le molte interviste che la stampa sportiva gli ha dedicato ho provato una grande amarezza per quello che poteva essere e invece non è stato.

Da giocatore ha raggiunto vette altissime in nazionale e con le squadre di club, vestendo solo tre maglie, ma servendole tutte con devozione: quella azzurra della nazionale, la giallorossa della Roma e la viola della Fiorentina. Con l'Italia ha vinto l'Europeo del 1968 ed è arrivato secondo al Mondiale del 1970, dopo aver giocato da protagonista la partita del secolo: la semifinale contro la Germania Ovest. Con la Roma ha iniziato e chiuso la carriera e in viola ha ottenuto le più grandi soddisfazioni a livello di squadra di club: il secondo scudetto della Fiorentina, vinto da leader e con la fascia di capitano al braccio.

Da giovane fu subito soprannominato Picchio (appellativo che l'accompagna da sempre), come la trottola di legno azionato da uno spago che sembrava vivere di moto perpetuo e incantava i bambini degli anni '50 e '60. Quel suo continuo movimento sul campo, abbinato a un'intelligenza fuori dal comune e a un tocco raffinato lo segnalò sin dall'esordio, a soli 17 anni, come uno dei migliori talenti del calcio italiano. Nella Roma crebbe all'ombra di uno dei più grandi di sempre: Juan Alberto Schiaffino. L'asso uruguaiano, arrivato a Roma a fine carriera, notò subito il talento di quel ragazzino e ne vaticinò un futuro da campione. Così fu. De Sisti divenne uno dei migliori interpreti del suo ruolo: il regista, il metronomo, colui che fa girare tutto il gioco. Picchio era tutto questo e nella galleria dei più grandi del ruolo, insieme a Suarez, Falcao, Xavi e Pirlo, c'è lui, Picchio.

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De Sisti con la maglia della Roma

Dopo la Roma arrivò la chiamata della Fiorentina, dove non voleva andare, lui legatissimo a Roma e alla Roma. Invece, Firenze fu la sua fortuna. Divenne ben presto il giocatore simbolo e capitano di quella che passò alla storia come la Fiorentina ye ye, perché formata in gran parte da giovanissimi. Vinse uno scudetto storico nel 1969 con Pesaola in panchina. Poi nel 1974 un brutto e brusco addio, dovuto a incomprensioni col nuovo allenatore Gigi Radice. Picchio era richiesto dall'Inter, dove Mazzola caldeggiava il suo acquisto, ma non seppe resistere al richiamo di casa e, rinunciando all'ingaggio ben superiore che avrebbe percepito a Milano, tornò nella Capitale. Qui chiuse la carriera con Liedholm, che già l'aveva avuto a Firenze e stravedeva per lui. Il Barone più che consigliarlo lo costrinse a iscriversi al corso allenatori. Arrivò subito l'occasione giusta. Un altro ritorno, questa volta a Firenze. I viola erano da poco nelle mani della famiglia Pontello che con pesanti investimenti volevano riportare lo scudetto a Firenze. La squadra stentava in campionato e la dirigenza chiese a Picchio di subentrare a Carosi. Così De Sisti si trovò in quella strana fase della vita di un calciatore che dopo aver smesso perché troppo in là con gli anni, d'incanto si trasforma in un giovanissimo allenatore. Picchio, accolto a furor di popolo dai tifosi, risollevò la Viola e l'anno dopo, grazie anche ad acquisti di qualità come Pecci, Graziani, Massaro e Daniel Bertoni, puntò dritto allo scudetto. Stagione 1981/82, campionato amarissimo per la Fiorentina e per De Sisti che si vide scippare lo scudetto all'ultima giornata. Fiorentina e Juventus erano appaiati in testa alla classifica dopo aver duellato per tutto il campionato. La Fiorentina andò a Cagliari non andando oltre lo 0 a 0 ma vedendosi annullare un gol regolare di Graziani. Mentre la Juventus vinse a Catanzaro con un rigore di Brady, dopo che nel primo tempo l'arbitro Pieri sorvolò su una violenta gomitata di Brio che stese in mezzo alla sua area il catanzarese Borghi. Un rigore grosso come una casa per i calabresi quando la partita era inchiodata sullo 0 a 0. Nacquero polemiche che ancora non sono sopite. Un giornale fiorentino coniò un bellissimo "meglio secondi che ladri". Ma con l'ironia, purtroppo, non si vincono gli scudetti.

Due anni dopo, stagione 1983/84, Picchio, sempre alla guida della Fiorentina, s'inventò la difesa a tre. In molti attribuiscono questa trovata a Zaccheroni che la lanciò a Udine dieci anni dopo e la perfezionò col Milan nel 1999 vincendo lo scudetto. In realtà, il primo a proporre la difesa a tre nel nostro campionato fu proprio De Sisti, arretrando Daniele Massaro e assegnandogli la maglia numero 5 (all'epoca c'erano solo le numerazioni classiche dall'1 all'11). Fu un altro campionato sfortunato dove la Fiorentina lottò a lungo per il titolo con la Juventus, poi vincitrice, e la Roma. Anche in quest'occasione alcuni arbitraggi discutibili rallentarono il cammino dei viola. Ma fu soprattutto un gravissimo infortunio occorso ad Antognoni, dopo quello già subito nella stagione 1981/82, a frenare la squadra. L'anno seguente sembrava quello buono per De Sisti e la Fiorentina, anche perché la dirigenza acquistò Socrates, capitano del Brasile e stella del calcio mondiale. Il tacco di Dio, così era soprannominato il brasiliano per la sua abitudine ad usare e abusare spesso di questa giocata, però venne in Italia demotivato e apparve da subito un corpo estraneo. In più De Sisti fu colpito ad inizio campionato da un ascesso cerebrale che lo costrinse ad operarsi d'urgenza, perdendo il controllo dello spogliatoio, dove la simultanea presenza del capitano dell'Argentina, Passarella, e del Brasile, Socrates, non aveva certo reso il clima idilliaco. Picchio accelerò il ritorno in panchina per riprendere in mano la situazione, ignorando le raccomandazioni dei medici che gli avevano consigliato di fermarsi per almeno sei mesi. Non essendo al 100%, non riuscì a compattare lo spogliatoio. Fu esonerato, senza un briciolo di gratitudine dai Pontello, per essere sostituito dal suo vecchio allenatore Ferruccio Valcareggi

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Finita l'esperienza fiorentina, Picchio cercò il rilancio a Udine, subentrando e raggiungendo una brillante salvezza il primo anno e trovandosi, però, in una situazione disperata l'anno seguente con la squadra penalizzata di nove punti. Non riuscì a centrare una salvezza quasi impossibile e, dopo una pausa, entrò nei ranghi della Federcalcio come collaboratore dell'allenatore della nazionale Azeglio Vicini. Molti videro quell'incarico come un avvicinamento alla panchina azzurra, ma Picchio non aveva santi in paradiso e dopo il Mondiale del 1990 fu allontanato dallo staff azzurro. Ricominciò ad Ascoli che rappresentò la sua fine perché ebbe il coraggio di mettersi contro un certo Luciano Moggi che, pur se direttore sportivo del Torino, era non troppo segretamente il consigliere del presidente Costantino Rozzi. Capitò che Moggi voleva imporre l'acquisto e l'utilizzo di un paio di giocatori. De Sisti si oppose a questo diktat, ricevendo come premio l'esonero. Picchio, in attesa di una nuova panchina, s'inventò opinionista televisivo ma Moggi non si era dimenticato lo sgarbo ricevuto. L'ex capostazione di Civitavecchia, che ancora non era stato soprannominato Lucky Luciano per i suoi modi poco ortodossi, fece in modo che De Sisti venisse allontanato da tutte le emittenti. Picchio denunciò l'episodio, rincarando persino la dose ed affermando che in Italia per un allenatore è difficile lavorare se si ha Moggi come nemico. A questo punto, nei confronti di De Sisti scattò una specie di ostracismo che gli negò persino le panchine di serie minori, confinandolo nell'oblio più assoluto.

A distanza di anni, sappiamo tutti che fine ha fatto Moggi, radiato per i noti fatti di calciopoli.

Nessuno ha però mai risarcito Giancarlo De Sisti. Diceva Voltaire che il tempo è galantuomo. Frase bellissima, però il filosofo francese non ha mai conosciuto Luciano Moggi. 

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