Hellas Verona Roma è una partita che stuzzica ricordi d'infanzia e partite storiche. Quelle di un'annata tricolore e di una squadra con Totti e Batistuta.
Era un novembre di vent'anni fa. Stavo facendo i compiti di Maestra Angela e non mi andava. Anche perché stava giocando la Roma, come facevo a concentrarmi? Giocava a Verona, contro l'Hellas di Ferron, Camoranesi, Salvetti, Mutu. Le operazioni in colonna non finivano più, quando a Quelli che il calcio danno il triste annuncio: squadra di casa in vantaggio, ha segnato Oddo su rigore.
Ecco, lo sapevo: è colpa mia. Non la sto seguendo per bene e sta perdendo, la sto facendo perdere io. È imperdonabile. Mi metto sul divano, andassero a quel paese i calcoli e le moltiplicazioni a due cifre. La matematica non sarà mai il mio mestiere.
All'epoca internet forse neanche esisteva e, se esisteva, io non sapevo minimamente cosa fosse. L'antenna non permetteva di arrivare a nessun salvifico TeleRoma56 e la radio era troppo in alto, nella credenza. Non restava che fissare lo schermo di RaiDue. Così. Senza sapere cosa stava succedendo, ma solo con la forza dell'amore. Dino Risi si sbagliava, la fede non è andare allo stadio quando puoi vedere la partita in televisione. La fede è fissare uno schermo senza sapere cosa sta succedendo su quel campo, l'unico campo che ti interessa.
È la mezz'ora, siamo ancora 1 a 0, quando all'improvviso tuona Mamma. Tuona e promette: "Se finisci i compiti, la Roma vince".
Un vento che non smetterà mai di soffiare - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
La finale di Europa League lascia in eredità qualcosa di molto importante per la Roma e per i Romanisti.
Tuono e fulmine a ciel sereno. Non vedo il filo logico, ma in fondo nell'amore di logico non c'è niente. Tanto meno nella Roma. Allora è possibile, mi ha convinto: dipende da me. Lo Scudetto dipende da me. Spengo la radio mentre lei prende il telecomando. Riapro il quaderno, ma la mente è a Verona. Mi immagino che stiamo vincendo 100 a 1. Mi vedo Montella che segna da centrocampo. Mi sogno Totti che fa la rovesciata di tacco con triplo salto carpiato all'indietro. Mi vedo Batistuta che tira, spacca la porta e il pallone sfonda pure lo stadio. Sogno e calcolo. Sogno e scrivo uno con riporto di quattro. Sogno e scrivo.
Sono le 16.35, ho finito i compiti. È il momento. Mamma è sicura. La mia carriera scolastica si gioca in questo momento. Ma che ci frega della carriera scolastica, in quel momento si gioca lo scudetto.
Accendo.
Metto subito muto per non sentire niente. Gli occhi chiusi, tanto il telecomando lo conosco a memoria.
Picchio sul tasto del televideo, pagina 202 e poi subito 225.
Verona 1 Roma 4. Candela Totti Batistuta Batistuta. È fatta. Abbiamo vinto. E l'ho fatta vincere io. A giugno sarà scudetto, ma ancora non lo potevo sapere.
Vent'anni dopo, in fondo, non sono cambiate tante cose. La Roma gioca ancora a Verona, l'antenna non prende TeleRoma56 e Quelli che il calcio va ancora in onda. I compiti continuo a farli e adesso sono io a darli per casa. E ogni volta mi immagino che, da qualche parte, ci sia qualcuno che dica: "Se li finisci, la Roma vince".
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