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Da una sponda all'altra di Roma, la storia Selmosson "Raggio di luna"

Oggi ci sarà lui, accanto a Immobile, nell'attacco della Lazio che sfida la Roma nel derby della capitale: Pedro Eliezer Rodríguez Ledesma, meglio noto solo come Pedro. 

Arrivato con il suo carico di esperienze e successi internazionali, lo spagnolo ex Barcellona e Chelsea è stato scaricato con l'arrivo a Trigoria di Mourinho. Lo ha riabbracciato Sarri che lo aveva già allenato a Londra. 

C'è anche il suo nome, dunque, in quella ristrettissima cerchia non solo dei doppi ex (dove cui figurano, tra gli Attilio Ferraris, Luigi Di Biagio, Angelo Peruzzi, Sinisa Mihajlovic) ma anche dei calciatori che hanno segnato nel Derby della Capitale, ma con maglie diverse.

L'ultimo era stato Aleksandar Kolarov, prima su punizione (Roma 3 Lazio 1, settembre 2018) e poi su calcio di rigore (Lazio 1 Roma 1, settembre 2019), a entrare nel record. Disegnando due raggi di luce, sessant'anni dopo il primo Raggio di luna. Chiamavano così Arne Selmosson, il primo, e fino a qualche anno fa l'unico, a segnare un gol, con entrambe le maglie, nella stracittadina di Roma.

Fu ancora una volta un 1-3 quella lontana domenica del 30 novembre 1958. Lo svedese ci mette appena una manciata di minuti per mettere la sua firma alla partita. Così si legge nella cronaca del Corriere dello Sport del giorno dopo: "Dopo alcune discese ben congegnate, la Roma si proietta in avanti ricamando sul terreno una azione spettacolare. Da Costa passa a Selmosson, che si scambia due volte con Ghiggia, in piena velocità: ricevuta di ritorno per la seconda volta la palla dal compagno, "Raggio di luna" stretto al centro, folgora Lovati in uscita con un fortissimo e preciso diagonale. È il 9', la Roma passa in testa".

Sinistro tagliente, gol, esultanza in area, un salto a braccia aperte, quasi a mimare un aeroplanino di altri tempi. "Più contento di così non potrei essere ­– dirà sempre al Corriere - per il gol che ho segnato, per la vittoria della squadra".

Era la Roma di Gunnar Nordahl, era la Lazio di Fulvio Bernardini, appena passato ai biancocelesti in un'estate turbolenta e movimentata. La stessa che portò Raggio di luna in giallorosso. Bengt Arne Selmosson, classe 1931 di Sil, Svezia, giocava nel Joenkoeping e faceva il Vigile del Fuoco. Lo portò in Italia l'Udinese di Dino Bruseschi, negli anni 50. Non altissimo, appena 1.70, ma con quel ciuffo biondo che lo allungava di quanto bastava per sembrare un personaggio mitico, di terre lontane. Beveva solo latte, niente vino, si innamorò delle musiche di Modugno e dei dipinti di Ciliberti. Un secondo posto storico in Friuli, poi tre anni alla Lazio, conditi da 30 reti.

Ma quella del presidente Siliato e del conte Vaselli era una squadra piena di debiti, bisognava cedere e il sacrificato fu proprio l'idolo della folla Selmosson. L'offerta più alta portava il nome della Roma di Anacleto Gianni: 135 milioni per portare Raggio di Luna alla Roma. Arrivò in giallorosso da numero 10 della nazionale svedese, sconfitta in finale mondiale solo dal Brasile di Pelè, in un duello rinnovato nelle amichevoli estive tra Roma e Santos. Nella capitale rimase altri tre anni, dopo altri 30 gol, 3 dei quali sempre al derby. Giusto il tempo di portare a casa la Coppa delle Fiere del '61. Timido, elegante e riservato, aveva imparato in fretta il romano, e "prima che la caciara tra romanisti e laziali mi intronasse del tutto" tornò ad Udine e poi in Svezia, dove morì nel 2002.

Lo scandalo della sua cessione, nell'estate del 58, ispirò addirittura una commedia, firmata Garinei e Giovannini, intitolata "La padrona di Raggio di Luna". Si parlava di una storia d'amore, quello di una "presidentessa" per un calciatore straniero. Lo stesso amore che si dona solo a chi decide un derby. Ma che non è sbocciato tra la Roma e Pedro. 

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