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Con forza cieca di baleno

È il trentesimo minuto di un Roma Juventus come tanti altri. È gennaio, ma fa ancora più freddo perché la Roma è sotto di due gol, segnano Demiral e Cristiano Ronaldo. La partita finirà grossomodo così, se non fosse per un gol di Perotti che serve a poco. Ma non è questa la vera storia di quell'incontro, o meglio, non è per questo che entrerà nella storiografia giallorossa.

Siamo al trentesimo, dicevamo, la calamita che ha al piede porta il pallone sul piede di Zaniolo. A rivedere quell'azione sembra esserci una musica in sottofondo e infatti Nicolò inizia a danzare. Potrebbe essere un rito tribale che arriva dall'alba dei tempi oppure un passo elettronico, un piede che batte la terra come nei Carmina Burana o più semplicemente un valzer. Zaniolo come le zingare del deserto, come le balinesi nei giorni di festa, come i dervishes turners che girano sulle spine dorsali. Danza e magia, come quando nasconde il pallone a Cristiano Ronaldo e inizia la corsa, sfrenata. Semina Matuidi, sterza su Pjanic e lo brucia. Si apre una piccola prateria, Zaniolo la percorre a passi techno, poi la musica si ferma. Per i greci il finale tragico doveva portare alla catarsi, alla purificazione. Ma nel finale di quella corsa, pazza e sublime, non c'è redenzione, ci sono solo maledizioni e bestemmie. La musica si ferma e iniziano le lacrime. Il referto parlerà di rottura del crociato.

Nella mia mente, la cavalcata contro la Juventus iniziava prima della nostra area di rigore e terminava a centrocampo. Lo immaginava la testa, ma lo suggeriva il cuore. Perché mi piaceva pensare che la corsa di Zaniolo era ripartita lì dove si era fermata. E il gol contro la Spal, nel luglio 2020, lo doveva dimostrare.

Stavolta però come sottofondo non c'è musica, non ci sono lacrime e non ci sono nemmeno urla, visto che si gioca in stadi deserti. Stavolta, a fare da accompagnamento alla nuova cavalcata, c'è solo il silenzio. Zaniolo parte dalla sua trequarti e finisce nella porta degli altri. Zaniolo ne stende uno, ne semina un altro, ne beve un altro ancora, ne inganna due insieme e ne trafigge l'ultimo. Zaniolo stavolta non corre. O perlomeno non sta semplicemente correndo: sta solcando il campo. Sembra un trattore leggerissimo, una 4x4 di mezz'etto, un veemente dio d'una razza d'acciaio che scalpita e freme d'angoscia rodendo il morso con striduli denti. Sembra un giovane puledro, che appena liberato il freno, morde il campo e la palla con muscoli d'acciaio, con forza cieca di baleno. Sembra tante altre cose, ma forse è meglio non dirle.

La corsa sfrenata dura appena dieci secondi, ma sarebbe potuta durare anche un secolo. Era gol, un gol forse inutile, in una partita inutile, in una stagione inutile. Era il gol della redenzione, del ritorno. Zaniolo abbracciava di nuovo la Roma.

La nuova stagione riparte subito, a settembre Mancini lo chiama in nazionale. Zaniolo va subito in campo nel tridente insieme a Immobile e Insigne. È da poco passata la mezzora, quando il ginocchio, stavolta l'altro, fa crack. "È una forte distorsione, molto importante. Per il resto vedremo domani" dice il professor Ferretti. Il domani parlerà di rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro. Altri sei mesi fuori, neanche un minuto nella stagione 2020-2021.

Per questo quando Zaniolo torna in campo, quest'anno, si mette a piangere con la faccia contro il terreno al primo gol siglato, in Conference League contro il Trabzonspor. Per questo spara la palla così forte in porta, nel 4 a 0 contro lo Zorya. 2 gol in Europa, nessuno ancora in campionato, dove invece colleziona cartellini gialli (5 da inizio stagione). "Come ho già detto prima, parlo andando contro ai miei interessi - ha detto Josè Mourinho al termine della sfida tra Bologna e Roma - se fossi in Zaniolo, inizierei a pensare seriamente alla possibilità di non restare a lungo in Serie A. Sta diventando impossibile per lui, si sente chiaramente in tutti gli atteggiamenti che hanno nei suoi confronti. Sto male per lui, è veramente una situazione difficile".

Quando si Parla di Nicolò Zaniolo forse ci si dimentica di due cose: di quello che ha passato e di quello che ha fatto vedere in campo. Un giocatore brillante, un attaccante potente, un gioiello grezzo. Che deve crescere nelle scelte, nell'intuito, nel controllo. Ma che è un patrimonio unico e inestimabile. A prendersene cura, a fare da custode, quest'anno c'è Mourinho.

Ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte. Ti diranno, dai salotti nobili del calcio, che non sei uomo, che non hai la testa. Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre, perché hai già vinto, lo giuro, perché gli eroi non possono perdere. E gli eroi, si sa, sono tutti giovani e belli. E per me addosso hanno una maglietta con la lupa. 

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