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Come si fa a non volere bene a El Shaarawy?

Stephan El Shaarawy è come l'amico sempre pronto: dalla panchina ai gol decisivi, una storia di fedeltà e classe sotto la maglia giallorossa. 

Io Stephan El Shaarawy me lo immagino così, come quell'amico che non senti da un po' ma se lo chiami si veste e parte. Quell'amico che magari non vedi tutti i giorni, ma se serve una mano lui è il primo. Che sia per un trasloco o per recuperare una partita. Che sia per venirti a prendere quando la macchina ti lascia a piedi o per buttarla in fondo al sacco quando hai bisogno dei tre punti.

Ieri sera lo ha dimostrato di nuovo. Nelle ultime tre partite aveva giocato 40 minuti in tutto, 11' col Milan, 23' con la Lazio, 12' con il Bologna. Gliene sono bastati altrettanti con il Genoa per aggiustare una partita che si era messa storta. Per spaccare la partita come solo lui sa fare.

 El Shaarawy, la mossa a sorpresa di Ranieri

Nel prepartita l'unico dubbio di formazione per il mister era tra Pellegrini e Pisilli. Alla radio, al primo tempo, suggeriscono di mettere dentro uno come Baldanzi, in grado di muoversi tra le linee e trovare spazio. Servono forze fresche, servono i giovani arrembanti. E invece Ranieri sceglie lui, il 32enne, il panchinaro che inizia ad avere qualche capello bianco, quello che ieri ha toccato la presenza numero 300 con la maglia della Roma. Acciuffato Marco Delvecchio, superati Rodrigo Taddei, Vincent Candela, Giancarlo De Sisti, nel mirino invece ci sono due bandiere come Roberto Pruzzo (315) e Agostino Di Bartolomei (314).

Numeri e statistiche che spiegano bene il peso di El Shaarawy nella Roma. Uno della vecchia guardia, uno dei senatori che però non ha bisogno di alzare la voce, di puntare i piedi, di chiedere spazio. Sta lì, aspetta, è a disposizione. "El Shaarawy ce l'ho tutti i giorni e lo vedoha detto Ranierimeriterebbe di essere un titolare. So che se ho un problema, lui lo può risolvere". Proprio come fanno i vecchi amici.

El Shaarawy con la maglia della Roma

 La carriera di El Shaarawy e il contratto in scadenza

Anche quando lo senti parlare, El Shaarawy ti sembra diverso. Il tono, l'accento, quello che dice e come lo dice. Sarà per il clima respirato a casa: il papà, Sabri, è uno psicologo, la mamma, Lucia, è laureata in scienze infermieristiche, il fratello, Manuel, ha scelto economia e oggi è il suo procuratore. Stephan il dottorato lo ha preso sul campo, invece. Dai primi calci al Ruffinego di Legino all'esordio in Serie A con il Genoa, a 16 anni. Poi il Padova, dove mister Dal Canto lo mette esterno di sinistra nel suo 4-3-3. È l'habitat ideale per El Shaarawy, è lì che lo nota Adriano Galliani, che se lo porta a Milano. Gol e giocate, emozioni ma tanti infortuni. Così per rimettersi in gioco El Shaarawy se ne va, fugge lontano. Va al Monaco, in prestito. Per dimenticare, per dimenticarsi.

Non lo dimentica Walter Sabatini, che nel 2016 lo porta a Roma. Lui si presenta così: con un gol di tacco, al volo, nella sfida contro il Frosinone. "Il calcio è uno sberleffo, è una macchia di inchiostro su una camicia bianca, non sai mai che direzione può prendere" dice il vecchio direttore sportivo della Roma. E forse è proprio il manifesto del calcio di El Shaarawy. Una sterzata, un cambio di passo, uno scatto. Un destro preciso sul primo palo, il marchio di fabbrica sotto l'incrocio. La lunga corsa interrotta in una deviazione improvvisa, per disorientare, per sorprendere, per aprire spazio.

Lo spazio che El Shaarawy cerca, in campo, senza smaniare. Lo scorso anno sarebbe potuto andare via a parametro zero, ha scelto di rimanere in una città che lo ha adottato, lo ha accolto, lo ha riabbracciato dopo il biennio in Cina, lo ha coccolato. Una città con cui ha fatto amicizia. Il contratto, a 2,5 milioni di euro, scade a giugno. Per iniziare a parlare di rinnovo non serve aspettare tanto. O almeno così funziona tra amici. 

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