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Bernardini, Ziroli e quel primo derby del 1929

Il derby tra Roma e Lazio è una partita unica, fatta di storie, racconti e amarcord che si perdono nella leggenda. 

Il derby, si sa, non vale mai semplicemente tre punti. Vale la supremazia cittadina, vale il benessere di un'intera settimana tra scuola e lavoro, vale per il morale e per la testa, per la pancia e per la testa. Vale per la classifica, ovviamente: Lazio e Roma si incontrano in una stracittadina che segnerà, per forza di cose, le loro ambizioni europee. Un punto in più per i biancocelesti, per il momento al quinto posto davanti all'Atalanta, che è però con una partita in meno. I giallorossi sono al settimo posto, con la Fiorentina a braccarli a solo due lunghezze. 

All'andata è finita 3 a 2 per la Lazio, grazie alle reti di Milinkovic Savic, Felipe Anderson e Pedro. L'ex della sfida, tra i pochi a segnare sia con una che con l'altra casacca nella partita più importante di Roma. E sempre due ex furono i protagonisti del primo derby della storia della capitale, quello che si disputò l'8 dicembre 1929. Per la prima volta il calcio italiano si organizzava a girone unico. La rivalità tra le due compagini era dovuta al rifiuto, avvenuto due anni prima, della Lazio ad inserirsi nella fusione con cui Alba, Fortitudo e Roman avevano dato vita alla squadra giallorossa. Già all'epoca erano forti le tensioni della vigilia. Da una parte i tifosi elitari e ricchi della Lazio, dall'altra i popolari della Roma che riempirono quel giorno l'impianto sportivo "della Rondinella".
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Da una sponda all'altra di Roma, la storia Selmosson "Raggio di luna" - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Oggi ci sarà lui, accanto a Immobile, nell'attacco della Lazio che sfida la Roma nel derby della capitale: Pedro Eliezer Rodríguez Ledesma, meglio noto solo come Pedro.

Arrivato con il suo carico di esperienze e successi internazionali, lo spagnolo ex Barcellona e Chelsea è stato scaricato con l'arrivo a Trigoria di Mourinho. Lo ha riabbracciato Sarri che lo aveva già allenato a Londra. 

 Il primo Roma Lazio tra ex e rifiuti

La tensione sugli spalti era dovuta soprattutto a quali giocatori sarebbero entrati in campo. Tra le fila giallorosse c'era infatti Fulvio Bernardini, approdato l'anno prima dopo due anni all'Inter. Il "Professore", lo chiamavano così perché laureato in Scienze Economiche, era cresciuto nella Lazio dove giocò da portiere prima e da attaccante poi, dal 1919 al 1926. Eppure la sua storia sarebbe potuta essere diversa: voleva fare il provino con la Fortitudo, una delle squadre che poi avrebbe creato la Roma, ma trovò il cancello del campo chiuso e non se ne fece nulla. Fu così che Bernardini iniziò a giocare difendendo i pali della porta biancoceleste. E lo fece fino alla partita contro il Naples Foot-Ball Club, il primo club di Napoli, che gli rifilò quattro reti. Troppi, decisamente troppi per uno come lui. Allora decise di non subire più gol, ma di segnarli direttamente. Con la Lazio lo farà per 49 volte. Poi arriva la chiamata dalla Lombardia, un'offerta ricca e irrinunciabile. Qui la storia cede il passo alla favola: Bernardini accetta e spezza la promessa fatta al padre, in letto di morte, di non lasciare mai la squadra biancoceleste. Nella capitale tornerà solo per vestire la maglia della Roma, dove diventa simbolo della squadra di Testaccio, con il suo carattere deciso e tenace.

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"I clamori del pubblico si alzano al cielo, sventolìo di cappelli, di bandierine giallorosse, grida di saluto: i compagni intanto soffocano Volk a furia di abbracci e di strette di mano". Tra le pagine dei giornali, la mattina del 9 dicembre 1929, Il Messaggero recita così. Il giorno prima, allo Stadio della Rondinella, si era giocato il primo, storico, derby tra Lazio e Roma.

Ma il Professore è anche uomo d'onore e quel primo derby della storia decide di non giocarlo. Chiede a Burgess, allenatore dei giallorossi, di tenerlo in panchina. In campo ci andranno Chini, Ferraris e il "signorino" Carpi. Dall'altra parte invece c'è un certo Luigi Ziroli. Lo chiamavano "Giggetto" o "Ziroletto", inizia a giocare nell'Alba e poi nella Roma, poi un anno a Venezia e finalmente alla Lazio. Ala, attaccante, centrocampista e poi terzino. E quel dicembre del 1929 non si fece prendere da troppe smancerie. Bernardini chiede di stare in panchina? Ziroli invece chiede di giocare dal primo minuto.

All'epoca però i gol degli ex ancora non li avevano inventati. Il derby lo decise "Sciabbolone" Volk, biondissimo attaccante della Roma che divenne un incubo per il portiere laziale Sclavi. Volete sapere come festeggiarono i tifosi? Noleggiarono delle carrozze a cavallo e insieme ai giocatori andarono a fare festa sotto casa di Umberto Farneti, ex presidente dell'Alba di fede biancoceleste. Ve li immaginate Abraham, Zaniolo e Mancini sotto casa di Lotito?

Foto in copertina: Archivio Storico As Roma
@LamboRinaldi

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