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Denis Law, the king

La leggenda di Denis Law: da Torino a Manchester, la storia di un re del calcio. 

Danis Law

Se n'è andato anche Denis Law e c'inchiniamo nel salutarlo col rispetto che si deve ai re, perché lo chiamavano così e re lo è stato per davvero. Fu Giuseppe Garibaldi a renderlo tale, indicandogli a Torino, una notte di febbraio del 1962, la strada da seguire. Era molto tardi, o forse molto presto, visto che mancava poco all'alba, quando Denis insieme a Joe Baker, suo amico e compagno di squadra e soprattutto di bevute, rincasava dopo una serata passata in allegria come erano soliti fare un po' troppo spesso. 

I due erano arrivati insieme a Torino, sponda granata, pochi mesi prima (nell'estate del 1961), provenienti dall'Inghilterra. Law giocava nel Manchester City, aveva solo vent'anni ed era ritenuto un genio del calcio che però doveva ancora esplodere. Baker dagli scozzesi dell'Hibernian dove, da classico centravanti anglosassone di quegli anni, segnava valanghe di gol. Furono portati in Italia da una figura mitica degli anni Sessanta: Gigi Peronace, un procuratore ante litteram, che conosceva benissimo il calcio inglese. Il Toro dava i primi segnali di rinascita dopo la tragedia di Superga e l'acquisto della coppia era lì a dimostrare la voglia di tornare a vincere. L'inizio fu scintillante con un Law immarcabile nelle prime giornate. Poi la rudezza delle difese, Law darà la colpa al "maledetto catenaccio", ma soprattutto la vita notturna fecero precipitare le loro prestazioni, fino all'incontro con Garibaldi. Quella sera Baker doveva festeggiare l'acquisto di una bellissima Giulietta Sprint, ritirata poche ore prima in una concessionaria. Quale modo migliore di una sbronza epocale. Piccolo particolare: Joe non sapeva guidare. Così poco dopo l'uscita dal locale l'Alfa nuova fiammante imboccò contromano e a forte velocità corso Cairoli per andare a schiantarsi contro la statua dell'eroe dei due mondi. Law se la cavò con qualche ferita, Baker rischiò seriamente la vita e un terzo passeggero, Joseph, il fratello del primo, uscì indenne dall'urto. Quest'ultimo era stato mandato in Italia dai genitori di Law per tenere a bada la vitalità del fratello, ma in breve tempo ne divenne un fedele compagno di bevute.

L'incidente, al quale la stampa diede grosso risalto, fu la classica goccia che scrisse la parola fine sulla storia della coppia in Italia, anche perché seguiva una lunghissima serie di notti brave, spesso terminate a far cazzotti con i paparazzi, colpevoli d'immortalarli nei night insieme a belle signorine. Tornarono entrambi in Inghilterra: Baker si accasò all'Arsenal, dove riprenderà a segnare parecchio, e Law fu acquistato dal Manchester United per la considerevole cifra di 115.000 sterline. Fu Matt Busby, allenatore e manager dei Red Devils, a volerlo. Il grande allenatore era uno dei reduci della tragedia di Monaco di Baviera, quando il 6 febbraio del 1958 una scellerata manovra del pilota dell'aereo dove viaggiava la squadra del Manchester United, reduce dal passaggio del turno nei quarti di finale nello spareggio contro la Stella Rossa, fece prima ballare l'apparecchio sulla pista completamente ghiacciata per poi farlo schiantare contro una casa e andare in fiamme. Dei quarantaquattro passeggeri ne morirono ventitré, tra questi otto giocatori e tre componenti dello staff. L'allenatore Busby e il giovane Bobby Charlton, rimasero gravemente feriti ma si salvarono. Dopo quella tragedia, il tecnico giurò a sé stesso e ai suoi ragazzi morti nell'incidente che avrebbe fatto tornare grande il Manchester. Per farlo, scelse il meglio del meglio del calcio anglosassone, tra cui Law. I due erano entrambi scozzesi. Era stato un altro loro conterraneo a parlare bene di Denis a Busby: Bill Shankly, che stava costruendo la leggenda del Liverpool. L'allenatore scozzese aveva cresciuto un giovanissimo Law all'Huddersfield, intravedendone le immense qualità: velocità, tecnica, gran tiro e doti realizzative fuori dal comune. Denis era al tempo stesso un numero 10 con doti da grande centravanti. Arrivò allo United per diventare una stella della squadra e in breve tempo e a suon di gol si guadagnò il soprannome di "the king". A Manchester trovò Bobby Charlton e a loro si unì dalle giovanili un certo George Best. Insieme formarono un trio d'attacco delle meraviglie che passerà alla storia del football come la "Santissima Trinità". Tutti e tre vinceranno il Pallone d'oro (Law nel 1964, Charlton nel 1966 e Best nel 1968) e conquisteranno tutto col Manchester United.

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Danis Law

Denis rimarrà coi Red Devils per ben 11 stagioni, disputando 397 partite ufficiali e segnando 237 gol, e vincendo 2 campionati inglesi, una coppa d'Inghilterra, 2 Charity Shield e la Coppa dei Campioni del 1968, dove, però, non giocò la finale per infortunio. Dopo tanta gloria, l'addio allo United fu amarissimo. Nell'estate del 1973 non gli fu rinnovato il contratto per volere del nuovo allenatore Tommy Docherty che, nel frattempo, aveva sostituito Busby. Fu ceduto gratuitamente ai nemici del City, dove peraltro aveva già giocato dodici anni prima. Denis, però, non era finito, mentre il ciclo d'oro dello United sì. La stagione seguente, 1973-74, i Red Devils si trovarono a lottare per la salvezza e il 27 aprile del 1974, in un derby giocato in casa dello United, Denis gelò i suoi vecchi tifosi con un gol di tacco che condannò la sua vecchia squadra alla retrocessione. Nell'Old Trafford, in quella che era stata casa sua per 11 stagioni, non esultò come era solito fare alzando il braccio destro. Rimase immobile facendosi soffocare dai compagni e nascosto dai loro abbracci pianse come non aveva mai fatto prima su un campo da calcio.

Una volta smesso di giocare diventò un popolarissimo commentatore televisivo. Competente e ironico al tempo stesso, con battute simili ai dribbling con cui incantava i tifosi. Ma negli ultimi anni questa vitalità è andata via via spegnendosi, fiaccata da una particolare forma di Alzheimer e demenza vascolare. La stessa che ha colpito altri suoi 5 compagni di quell'indimenticabile Manchester United: Bobby Charlton, Nobby Stiles, Tony Dunne, David Herd e Bill Foulkes. Mezza squadra cancellata misteriosamente dalla stessa malattia.

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